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Etichettatura degli imballaggi: tra soluzioni digitali e riciclabilità

Separare, capire e conferire in modo corretto: a questo sono chiamati oggi a fare i cittadini, senza i quali raggiungere i risultati virtuosi di recupero di materie sarebbe, nella pratica, impossibile

In un intervento al webinar di CONAI sull’etichettatura degli imballaggi, l’ingegnere Laura D’Aprile (Capo Dipartimento MiTE) sottolinea come ad oggi si stia registrando un aumento della produzione di rifiuti e, a livello europeo, un rallentamento delle percentuali di recupero di materia. Sebbene l’Italia abbia già raggiunto gli obiettivi fissati per il 2030 sulla raccolta di carta e cartone, sembra che all’orizzonte ci siano nuove difficoltà per i consumatori. La recente normativa sulla plastica ha portato ad un forte impulso dello sviluppo di nuovi imballaggi a base carta: un’importante mole di ricerca verso i vari coating e la gestione degli imballaggi durante tutta la loro vita sono alla base dell’approccio all’ecodesign. Un ecodesign che da gennaio farà i conti con gli obblighi di etichettatura degli imballaggi: come già sappiamo, infatti, ogni imballaggio immesso sul mercato dovrà contenere le corrette informazioni sulla composizione degli imballaggi e sul loro corretto smaltimento per facilitarne la raccolta, il riutilizzo, il recupero e il riciclo.

Ma con i nuovi imballaggi compositi è sempre più difficile per il consumatore capire dove conferire l’imballaggio, ecco perché Lorenzo Bono, responsabile R&S di Comieco, punta ad un approccio di filiera. Al seminario di Comieco e Lucense sulle “Sfide della riciclabilità per gli imballaggi a prevalenza carta” dello scorso 25 ottobre, Bono ha sottolineato l’importanza dell’approccio di filiera che parte da chi progetta il materiale e l’imballaggio, che deve avere bene in mente quali sono i problemi che questo potrebbe portare lungo la filiera. Perciò un imballaggio progettato per essere sempre più rispettoso dell’ambiente ma che si mette anche nei panni del consumatore finale che sarà chiamato a conferire correttamente. Come aiutare il consumatore? Con un’etichettatura più chiara e facilmente accessibile.

Conai e GS1 Italy hanno lanciato da poco un osservatorio che ha portato già un primo spaccato sull’attuale situazione dell’etichettatura ambientale, analizzando diversi settori merceologici. Lo scopo dell’osservatorio Identipack è quello di aiutare le aziende a capire come ci si sta allineando rispetto alla richiesta di etichettatura e fornire alle aziende strumenti di analisi utili per la definizione di scelte imprenditoriali sostenibili.

Come siamo messi nel reparto ortofrutta secondo Identipack? C’è ancora tanto da fare! Secondo l’osservatorio solo il 10,5% degli imballaggi di ortofrutta presenta la codifica identificativa del materiale di composizione del packaging in etichetta. Invece le indicazioni sulla tipologia di imballaggio e sul corretto conferimento in raccolta differenziata sono presenti sul 48,9% degli imballaggi di ortofrutta rispetto al 36% del settore grocery.

Chi invece comunica la certificazione di compostabilità? Delle 59,8 milioni di confezioni compostabili grocery vendute nel 2021 tra supermercati e ipermercati, la maggior parte si deve all’ortofrutta (2% del totale delle confezioni vendute) e sono i prodotti a marchio privato i principali veicolatori degli imballaggi compostabili. E per quanto riguarda le certificazioni ambientali, solo il 5,2% delle confezioni di ortofrutta venduta le comunicano rispetto al 9,8% dei prodotti grocery e il 16,9% dei prodotti per la cura della persona.

Ma come inserire tutte queste informazioni sul packaging quando il produttore vorrebbe mettere il suo logo sempre più grande? La soluzione digitale sembra essere l’unica soluzione, ed è anche quella consigliata a livello comunitario dal legislatore: un QR code che racchiuda tutte le informazioni anche in lingue diverse per eliminare tutte le barriere. Anche da parte dei consumatori è sempre più impellente la domanda di informazioni semplici e immediate per la corretta raccolta differenziata, lo sottolinea anche Bruno Aceto, Ceo di GS1 Italy, che vede nell’approccio digitale tramite QR code uno strumento che consente di accedere a più informazioni sia sul prodotto che sulla confezione ed elimina il problema dello spazio occupato.

Che questa sia una via per entrare in comunicazione con il consumatore ad un livello più profondo ne sono convinta. Non è solo questione di aderenza alla legislazione, il QR code sarà uno strumento a portata di mano del consumatore e un’occasione per raccontare il proprio brand e distinguersi dalla private label.

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