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E guardo il mondo da un, solo, oblò… come fare in ortofrutta per non annoiarsi un po’!

Claudia Iannarella

La possibilità di lettura delle problematiche di filiera dipende molto dalla parte del fosso in cui si è. Se si riesce a fare esperienze in fasi diverse si aggiunge anche la capacità di ragionare in termini collettivi per rendere più semplice perseguire i propri obiettivi

C’è una canzone il cui titolo è molto meno famoso del suo incipit, che ha fatto la fortuna di Gianni Togni nel 1980 e che parla pure di arance. Però non sono questi i motivi che mi hanno fatto titolare come già avete avuto modo di leggere. Piuttosto la riflessione strategica di chi ci fa compagnia oggi.

Potrei definirla sodale, la ghost identity del progetto originario, l’insider nel gruppo che ha dato ispirazione per la location del cambio di passo in quel settembre di ormai due anni fa, così come le mani raffigurate nell’immagine di un gruppo Whatsapp al quale si affidano saluti, idee balzane, riflessioni e domande in periodi di distanziamento sociale. È Consumer and Customer Manager della divisione Seeds di una importante multinazionale tedesca. Bolognese di nascita, partenope di discendenza e siciliana per passione. Claudia Iannarella, laurea alla Facoltà di Agraria di Bologna, ancora “in vaso” è germogliata professionalmente nel settore Ortofrutta di Coop Italia: da lì ha percorso la filiera a ritroso e ritorno: dalla GDO ai rapporti con la GDO. Un’esperienza nel commercio di frutta surgelata, a seguire in quella fresca nella cooperazione ortofrutticola in Terremerse, e poi oggi in BASF Vegetable Seeds a 360 gradi sul settore. Letteralmente dal seme al consumatore.

Claudia, grazie di aver accettato il nostro invito. Giovanissima con quattro esperienze alle spalle. Oltre alle competenze specifiche di ciascun anello della filiera che hai frequentato, che ti rimane?

La necessità di innovazione e professionalità. Poiché il nostro settore è molto complesso, articolato e variegato, credo sia una grande fortuna averlo osservato da più oblò. La mia carriera è partita facendo acquisti. Ero io a dire NO, confidente della mia capacità di acquisto. La prima volta che ho saltato la staccionata ho imparato ad ascoltare i primi NO. Ed è con i NO che ci si mette in discussione, che si cercano le soluzioni, che si trova la motivazione per approfondire e studiare. Poi non è stato facile ammettere che la poltrona ha un grande peso e il cavaliere che hai davanti viene prima della tua competenza e professionalità. Cambiare inizialmente ti fa rimanere nudo, di competenze e conoscenze, delle cose che hai imparato e a volte anche, purtroppo, delle relazioni professionali. Allo stesso modo è una grande soddisfazione vedere che con altri la relazione non è cambiata.
Qualcuno me lo porto dietro dai tempi di Coop, altri non li ho più visti. Oggi però approccio con una consapevolezza diversa la possibilità di sviluppare progetti con aziende da cui prima acquistavo. Per questo credo sia una grande ricchezza fare esperienze multiple.

Giansanti, presidente di Confagricoltura, parla di agricoltura 4.0 perché siamo alla quarta rivoluzione in agricoltura: dopo quella genetica, meccanica e chimica ora siamo in tempi di rivoluzione digitale. L’approccio della tua azienda alla produzione ortofrutticola negli anni è cambiato. Da prodotto (chimico) a miglior servizio. È così?

Come ben sai il prodotto è solo l’inizio o la fine (a seconda della parte da cui si guarda) di una relazione di business. Ció che davvero cementa il rapporto fra un fornitore e un cliente è tutto quello che c’è intorno a un prodotto (consulenza, logistica puntuale, supporto strategico…). Mi spiego meglio. La miglior varietà di anguria seedless del mercato è certamente il fulcro di un progetto che però, per essere ben fatto, deve indispensabilmente tenere il fuoco su un obiettivo comune. Solo così si va oltre il mero rapporto di fornitura e si può parlare di partnership. Nell’azienda che ho l’onore di rappresentare l’obiettivo si trasforma in una vera e propria spinta motivazionale di tutto il team verso azioni che si traducano in un maggior consumo di ortaggi, attraverso innovazioni sane, piacevoli e sostenibili, e che quindi portino valore aggiunto al nostro settore, ai nostri partner e all’azienda.
Poi le probabilità di successo aumentano se l’intero settore è in crescita: ecco quindi che l’innovazione prende vita attraverso progetti fatti a quattro mani insieme ai nostri clienti, per offrire al mercato i prodotti che rispondono ai veri bisogni del consumatore. Lo stesso approccio lo applichiamo con il mio dipartimento CCC CONSUMER CUSTOMER CHEMISTRY nel dialogare con la GDO, che rappresenta il primo ricettore dei segnali lanciati dal consumatore e con la propria PL, spesso, il primo brand del reparto.
In poche parole sappiamo guardare al di là del seme, mettendo al servizio dei nostri partner (a valle o a monte della filiera) le nostre competenze di mercato, di prodotto e di marketing, aiutandoli a progredire in ogni aspetto della loro attività.

Nunhems, nessun consolidamento corporate di brand ma tanta attività di interlocuzione con la filiera, fino al coordinamento delle attività al consumatore. È proprio vero che più di tutto conta quel che pensa il cliente del cliente ed entrarci in relazione?

Assolutamente sí! Sviluppare una nuova varietà di sementi orticole significa investire dai cinque (quando si è fortunati) ai 20 anni di ricerca. Con queste tempistiche giocoforza bisogna interrogarsi costantemente su cosa vorranno mangiare i consumatori di domani, altrimenti si rischia di fare ricerca nella direzione opposta a quella dei consumi futuri. Non disponendo di bacchette magiche o sfere di cristallo l’unica soluzione è mettere al centro il consumatore studiandone i comportamenti e i bisogni e, come dici correttamente tu, entrarci in relazione. Ma come? Survey, report, analisi sul consumatore vengono di fatto convertiti in input per la ricerca e in prezioso know-how a servizio dei progetti costruiti attorno alle varietà Nunhems.
Con questo brand storico per il mondo delle sementi orticole commercializziamo le nostre varietà: si tratta di un brand che rappresenta tutti i valori della divisione vegetable seeds di Basf, ma che è e rimane un brand b2b. Fino ad oggi non abbiamo mai approcciato il consumatore in maniera diretta, ma sempre attraverso progetti in partnership con i nostri clienti.

Un rapido elenco: le vostre varietà di prodotti a cui è seguito il lancio di altrettanti brand?

Il lavoro è ampio e in continua evoluzione. Per rimanere a ciò che ha raggiunto il mercato posso citare le varietà di carciofi ibridi tra cui quelle che fanno capo al progetto Violì. Ci siamo distinti nel mercato delle augurie seedless in particolare nel segmento sugar baby con le varietà STYLE F1, FASHION F1 e STELLAR F1 utilizzate tra gli altri anche da Perla Nera. Siamo noti per il melone a pasta rossa, fra tutti la nota varietà RED FALCON F1 e le nuove uscite valorizzate dal consorzio Mundial con l’omonimo brand. Da citare poi anche la ricerca sul melone liscio sintetizzata nelle varietà HONEY MOON F1 e TIARÉ utilizzati dai principale brand sul mercato e non ultimo le varietà di pomodoro marmande tra le quali il famosissimo MARINDA F1, fiore all’occhiello di alcune PL premium.

Al di là delle solite ricette, tre ingredienti per intercettare la domanda di ortofrutta 4.0?

Difficile non essere banali qui… Ci provo! Innovazione: abbiamo bisogno di nuove varietà e tecnologie per produrre Ortofrutta di qualità, gustosa e sostenibile per l’ambiente e profittevole per l’imprenditore. Ricerche di mercato: credo che nel nostro settore si sappia ancora troppo poco del consumatore, basti pensare che i dati a volume sui consumi sono ancora frequentemente oggetto di dibattito. Dobbiamo fare uno sforzo tutti insieme per alzare il livello di conoscenza, solo aumentando la collaborazione e unendo le forze possiamo intercettare il consumatore 4.0.
Qualità a portata di negozio: come filiera dobbiamo lavorare insieme per innalzare il livello qualitativo dell’offerta di ortofrutta rendendola accessibile al consumatore fino al negozio. Per farlo non bastano ottime varietà, ottimi produttori e banchi ortofrutta organizzati in modo eccellente. Abbiamo bisogno di mettere in fila le esigenze della produzione (sempre più in difficoltà a causa delle evoluzioni del clima) e della distribuzione (a caccia di distintività per competere con i nuovi player) per rispondere alla crescente domanda di qualità del consumatore con un’offerta che sia “coerente per qualità di prodotto, grado di servizio e di imballaggio” (cit. Claudio Dall’Agata, ndr… ah sì?). Ho preso in prestito questa tua frase perché non avrei saputo dirlo meglio!

Cosa ha aggiunto l’occhio materno a quello professionale?

Diventare madre è una delle esperienze più potenti che si possa vivere e, oltre ad aggiungere un nuovo centro alla vita di una donna, ne accentua quelli che sono i già potenti mezzi. Ne cito uno, la super sensibilità. Noi donne abbiamo dei magici ricettori che ci consentono di intercettare con naturalezza i bisogni di chi ci sta intorno rendendoci madri al primo sguardo, amiche, colleghe fidate, bravissime a lavorare in team, manager di successo capaci di gestire le risorse senza scadere nel ruolo di ‘capo’ e – non ultimo – ottime interpreti dei consumatori (essendo per altro molto spesso le RA della famiglia).

Diventare madre ha senza alcun dubbio aggiunto maggiore consapevolezza di questi mezzi, aumentandone la portata. Lasciamelo dire, noi donne siamo straordinarie.

Sei la Fata Turchina: plim! Cosa regali all’ortofrutta italiana?

Sinergie. Hai presente l’Unione fa la forza? Un concetto così banale ma così vero da sembrare mera retorica. Non è così! Abbiamo bisogno di lavorare insieme, orizzontalmente e verticalmente lungo la filiera… Lo diciamo tutti, ma siamo davvero pronti a farlo? Questa è la via per portare nuova linfa al settore. Un esempio virtuoso è la folle arca di Spettacoli alla Frutta, un pool di aziende innovative disposte a fare ciascuna un passo indietro per farne insieme tre avanti e tentare con la creatività di raggiungere palcoscenici inarrivabili singolarmente, come un’orchestra musicale che suona e canta tutta la magia dell’ortofrutta italiana… Se la pandemia arretrerà restituendoci un po’ di normalità credo ne vedremo davvero delle belle!

In effetti da quel che so neanche la Fata Turchina guardava il mondo da un solo oblò…

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