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Vincere sul prezzo ai tempi della crisi, si può?

Capire come funzionano i prezzi e come questi variano in base alla domanda ci potrebbe aiutare a non finire nella solita spirale discendente del prezzo più basso possibile

Il titolo di questo articolo, l’avrete capito, è una provocazione. Questo perché approcciare il prezzo come se fosse un nemico è come sbattere su un muro di gomma. Cosa ci fa paura nel determinare i prezzi?

In queste righe non voglio fornire opinioni personali, ma farvi vedere l’approccio da un altro angolo, perciò parlerò di studi concreti e teoria economica.

L’ortofrutta è un settore in cui la sensibilità al prezzo è alta, corretto? La sensibilità al prezzo è un concetto strettamente connesso all’elasticità della domanda rispetto al prezzo; in altre parole, di quanto aumentano o diminuiscono le vendite al variare del prezzo. Una sensibilità al prezzo alta significa che i clienti non acquistano un prodotto o un servizio e considerano i prezzi non congrui; al contrario, in caso di bassa sensibilità, la “targhetta” del prezzo non darà loro particolare fastidio, fino ad acquistare senza controllarlo.

Di conseguenza la domanda dovrebbe diminuire con l’aumento dei prezzi, perché un numero inferiore di clienti vorrà pagare un prezzo più alto. Ma… molte situazioni della vita reale dimostrano che un prezzo può essere anelastico. In altre parole, in alcuni casi, la domanda non diminuisce nella stessa proporzione di un aumento di prezzo. Pensate all’energia o ai carburanti: nonostante ci siano stati aumenti di prezzo a doppia o tripla cifra i consumi non sono diminuiti in maniera proporzionale perché sono spese che non si possono azzerare e non esistono beni succedanei.

Ma ci sono degli elementi che influenzano l’elasticità del prezzo?

Il contesto è uno dei principali fattori: mentre il cliente fa la spesa. L’ambiente che lo circonda innesca l’invio di segnali che vengono inconsciamente dal suo cervello, e per questo ogni retail cura il reparto e lo store. Ma nel contesto rientra anche il posizionamento del marchio. Per esempio il semplice martellare di comunicazione i tuoi clienti sul fatto che sei il più economico, cambierà la loro percezione (vedi la comunicazione di Eurospin).

Un altro fattore è determinato dalla percezione di unicità: un prodotto che viene considerato diverso e unico per le sue particolari caratteristiche, difficilmente sarà sostituito con qualcos’altro. In questo caso abbassare i prezzi degli articoli di marca, che vengono percepiti come “speciali”, “esclusivi” o di “qualità”, potrebbe generare un senso di avversione, fino a pregiudicare l’idea che gli utenti hanno della marca stessa. Per questo tipo di prodotti gli esperti suggeriscono strategie basate sui coupon sconto, che creano un effetto di opportunità unica e senza danneggiare l’immagine del prodotto. Così facendo si tende a generare una sensibilità al prezzo positiva.

Correlato all’unicità del prodotto è anche il prezzo di riferimento, se infatti i prodotti possono essere facilmente confrontati con prodotti simili, la sensibilità aumenta.

E un ultimo importante fattore, esogeno in questo caso, è dato dal reddito disponibile, che aumenta l’elasticità della domanda al prezzo.

Cosa fanno perciò le aziende in questo periodo di inflazione per diminuire l’elasticità al prezzo?

Un fenomeno che sta tornando è quello della shrinkflation, una tattica di marketing utilizzata in periodi di alta inflazione per preservare i margini aziendali. In modo sintetico questa si riferisce a due fenomeni:

  1. Il mantenimento del prezzo di vendita di un prodotto diminuendone la quantità. Ciò porta logicamente a un aumento del prezzo per quantità (prezzo al chilo, prezzo al litro).
  2. Un cambiamento nella ricetta per ridurre i costi di produzione.

Perché tanti marchi stanno adottando la shrinkflation? Semplice, questa ha un enorme vantaggio per i brand: permette loro di mantenere il cliente. E niente è più difficile che fidelizzare un cliente e niente è più facile che spezzare quella lealtà.

In genere si stima che siano necessari 7 acquisti per l’attivazione del ciclo di acquisto ricorrente. In altre parole, è solo dopo 7 acquisti dello stesso prodotto che la decisione di acquisto verrà memorizzata nel cervello sotto forma di automatismo. La decisione di acquisto diventa inconscia perché il consumatore non soppesa più i pro e i contro.

Ne sono la prova le confezioni di Philadelphia Light (passate da 200 a 190 grammi), di Krumiri Bistefani (da 300 a 290 grammi), di detersivo per i piatti Nielsen (da 1 litro a 900 ml), Barilla Al bronzo (400 g prezzati come la classica 500 g), le Pringles (da 200 g a 185 g), e anche nel reparto ortofrutta dove sempre più spesso si trovano formati “non standard” con grammature inferiori ai prezzi precedenti.

Perciò lavorare sulla leva del prezzo percepito si può, tenendo a mente le logiche del mercato e gli obiettivi di posizionamento del nostro brand.

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