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Imballaggi di cartone, che si è fatto ad oggi per l’ortofrutta e cosa serve per il domani

presente e futuro bestack
La partecipazione di Bestack alla 75esima assemblea annuale di Fruitimprese è stata l’occasione per ripercorrere il percorso fatto e lanciare qualche spunto strategico per il futuro

Bestack, tra i vari motivi, nasce per dare rappresentanza e contributo del settore del cartone ondulato alla filiera ortofrutticola. Nei diversi appuntamenti l’idea è sempre stata quella di fornire la nostra proposta e visione per contribuire a rendere più competitiva l’offerta ortofrutticola italiana attraverso imballaggi e confezioni in cartone ondulato. Per questo è stato un grande onore partecipare alla tavola rotonda organizzata durante la 75esima Assemblea annuale di Fruitimprese svoltasi a Roma giovedì 18 aprile 2024, soprattutto essere stati a fianco di importanti esponenti che hanno fatto la storia dell’associazione degli importatori e esportatori ortofrutticoli e della filiera in genere. E così, nel ragionare sul nostro intervento tra passato e futuro in concomitanza con la ricorrenza dei 75 anni dell’associazione, e contemporaneamente nell’anno in cui ricorrono anche i 20 anni della nascita del Consorzio Bestack, ci è parso opportuno ripercorrere il contributo del settore del cartone ondulato dato alla filiera ortofrutticola.

La prima macchina ondulatrice per produrre cartone ondulato sbarca in Italia nel 1948 con l’arrivo degli investimenti del Piano Marshall statunitense. Fino ad allora per proteggere gli alimenti si usava essenzialmente carta paglia. La produzione di cartone ondulato si specializza prima sui settori industriali con le scatole americane e contemporaneamente investe sulle tecnologie di stampa, che nel tempo consentirà al cartone ondulato di diventare il materiale a più alta efficienza di stampa, con tutti i benefici conseguenti per i clienti. Dapprima la stampa offset, indiretta, che prevede più passaggi. L’inchiostro dal serbatoio viene trasferito su una lastra in alluminio, precedentemente inumidita da un velo d’acqua, su cui è inciso il soggetto da stampare. Da questa lastra l’inchiostro viene trasferito su un rullo in caucciù che si occuperà di imprimere il grafismo sul supporto di stampa dell’imballaggio. Poi, per migliorare la qualità di stampa oltre che per poter realizzare stampe a più colori, è stata introdotta la stampa flessografica, oggi la tecnica principalmente usata. L’inchiostro prelevato dalla vaschetta viene depositato direttamente sul soggetto da stampare tramite il cilindro di stampa in gomma, detto cliché, ognuno per colore. Quindi più colori più varietà di stampa. I vantaggi di questa tecnica sono sicuramente il basso costo di produzione e l’alta qualità di stampa raggiunta, grazie ai progressi tecnologici del settore. Con la stampa serigrafica si è migliorata ancora la qualità di stampa grazie al trasferimento del colore sfruttando un movimento meccanico a pressione, senza perdere qualità nelle ripetizioni. Infine con la stampa digitale è stato eliminato l’uso di matrici o cliché senza quindi costi d’impianto fissi e quindi questa è utilizzabile anche per piccole tirature.

Gli anni ‘70 segnano l’ingresso del cartone tra i materiali a contatto con gli alimenti. Nel 1973 viene emanato il decreto legge che ad oggi è ancora l’architrave dell’impianto normativo italiano in materia, con cui per motivi alimentari e di tutela di migrazioni da materiali pesanti viene sancita l’obbligatorietà dell’utilizzo di materia prima vergine per gli alimenti grassi, così come i coefficienti e requisiti di composizione e purezza per gli alimenti grassi. Nel 1974 viene registrato, da quella che poi diventerà International Paper Italia, e in particolare dalla sua filiale siciliana, il brevetto del plaform, il formato di imballaggio ad oggi più diffuso in ortofrutta. L’idea è di Thoma Ridley, fornitore di macchine erettrici per IP negli USA, dopo un viaggio in Sicilia su specifica richiesta per progettare una macchina erettrice che ne consentisse il montaggio automatico. Nel 1976 arriva il flapless realizzato da Nottoli in Toscana, con le aperture anche in testata, mentre nel 1977 l’ICE emana il DM dm 28 10 1977 che per i diversi formati dimensionali di cartone ondulato (40×30, 50×30, 60×40) definisce le prestazioni di resistenza. Si afferma così il cartone nell’ortofrutta ed inizia la sostituzione a plastica monouso e legno. Iniziano le politiche di marca della produzione e con esse la proliferazione delle marche e la loro stampa sulle scatole.

Un approccio strutturato e strategico del settore del cartone ondulato alla filiera ortofrutticola si realizza nel 2004 quando viene fondato Bestack, per occuparsi di tutte le attività precompetitive di settore e in particolare con l’obiettivo di standardizzare le misure delle scatole e facilitare la logistica distributiva. Oggi Bestack rappresenta i 2/3 del mercato del cartone per ortofrutta. Lo standard viaggia sull’80% dei formati. Il cartone ha sostituito il legno come materiale più utilizzato tra mercati generali e GDO, con circa 600 milioni di pezzi all’anno per l’ortofrutta italiana. Nel 2010 cominciano gli audit di autocontrollo volontario su standard dimensionali e di resistenza, nel 2011 nasce il bollino BQA inserito nei Piani operativi a contributo per la produzione ortofrutticola, nel 2015 lo standard Bestack diventa il riferimento su cui viene sviluppato il Common Footprint, nel 2016 registriamo il brevetto Attivo contro lo spreco: brevetto popolare a disposizione di tutti i soci Bestack. Poi ancora nel 2017 diventiamo riferimento di Lidl per le prove di resistenza sul loro marchio di garanzia prestazionale PQY e infine nel 2023 mettiamo a disposizione il nostro know how per la realizzazione della certificazione alimentare delle vaschette di cartone ondulato, con un marchio dedicato e democratico – Vaschette Bestack – disponibile per tutti.

Questo è stato ad oggi il nostro percorso, ma certamente altri passi appaiono necessari a fronte di scenari in costante evoluzione. C’è il tema drammaticamente collettivo della riduzione della propensioni agli acquisti e del calo dei consumi domestici: nel 2023 5,1 milioni di tonnellate,  -6,3% sul 2022  e -16,7% sul 2019 pari ad 1 milione di tonnellate in meno. Continua la crescita del confezionato, anche se l’inflazione ha frenato i volumi ma non i valori: nel 2023 38% a volume, che equivale al 45% a valore, a conferma che il consumatore è disposto a pagare a fronte di maggiori servizi. C’è poi da capire se il settore ortofrutta rimarrà per sempre ostaggio della sindrome della vitamina C, secondo cui la motivazione per mangiare frutta e verdura sia solo per motivi salutistici. La storia dice che non sposta le scelte, anzi, la domanda è se riuscirà ad uscire dalle sabbie mobili delle commodity.

Se questa è l’arena competitiva, allora probabilmente all’ortofrutta serve maggiore identità, perchè più informazioni racconto, più porto motivi di scelta; maggiore qualità, per non disilludere l’aspettativa e la soddisfazione di chi ha scelto; maggiore connessione ai valori di scelta dell’opinione pubblica e quindi meno cibo nella spazzatura, meno spreco e più risparmio; una comunicazione collettiva rivolta al consumatore che accenda nuovi access point che altri prodotti hanno già dimostrato essere molto utili, penso al vino, al gelato, alla cosmesi.

Tutto questo per gli imballaggi in cartone significa orientare le nuove innovazioni per facilitare le movimentazioni in piattaforma della GDO con attività precompetitive di settore, conservare e proteggere per aumentare la shelf life, anche perché prodotti buoni per più tempo significa più sostenibilità, dato che l’imballaggio vale il 5% dell’impatto totale. E poi massimizzare il riciclo e proporre materie prime rinnovabili per essere ancora più sostenibili, informare per rendere gli acquisti più coinvolgenti ed essere meno pavidi di fronte al “si è sempre fatto così”.

Anzi questo vale per tutti!

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